Cultura

Gioco di squadra così l’Africa va in gol

Allenatori, tecnici e arbitri italiani sono sbarcati nei quartieri più poveri di Yaoundè e nei villaggi dell’interno.

di Redazione

Camerun, Marocco, Nigeria, Tunisia e Sudafrica. Cinque le squadre africane ai mondiali di Francia ?98. Cinque perle nere, che già hanno dimostrato tutta la bontà del calcio africano. Un campanello d?allarme per l?Europa e per il Sudamerica, tradizionalmente dominatori di tutte le edizioni della Coppa del mondo. Ma come la geografia che si studia a scuola, anche la geografia del pallone ha subìto e continua a subire numerosi cambiamenti negli ultimi anni. E così i talent scout e i cacciatori europei di giovani campioni, che di mestiere hanno l?occhio lungo, hanno fiutato subito l?affare. Baby campioni in vendita Quanto costa andare in Camerun, o in Nigeria, o in Liberia, visionare decine di baby campioni, sceglierne un paio, promettergli ingaggi record, portarseli in Europa, farli giocare in un grande club e lanciarli sulla scena mondiale? Giusto il prezzo del biglietto aereo di andata e ritorno. Col guadagno, a distanza di anni, di vedersi rivalutato il prezzo del giocatore di migliaia di volte. Anche milioni di volte quando va bene. Una vera e propria tratta di campioni in erba. Perché nel nome del calcio, tutto è permesso. Come evitare questo mercato senza regole? Qualcuno ci ha già pensato. Perché i baby campioni non siano costretti a emigrare verso il Paese di Bengodi. Si tratta del progetto ?Sport for Africa?, nato da un?iniziativa del Centro orientamento educativo (Coe) e del Centro sportivo italiano (Csi). Un progetto totalmente ispirato al principio di sussidiarietà: non conta inviare a fondo perduto materiale e attrezzature che, da sole, non risolvono il problema. Ma conta portare nel Continente nero personale tecnico specializzato che insegni il calcio, che insegni il mestiere di allenatore, che insomma renda possibile un vero e proprio sviluppo del calcio africano in Africa. Perché tutti i mini Weah non siano costretti a giocare nel Milan per farsi conoscere. Un progetto che fa paura, perché elimina la prospettiva di un costante dominio europeo e sudamericano in tutte le manifestazion internazionali. «Ma noi andiamo avanti senza timore», dice Alessandro Lodolo D?Oria, ideatore di ?Sport for Africa?. «L?Africa non è una terra di straccioni, e c?è bisogno di una grande campagna di sensibilizzazione per abbattere questo pregiudizio. Così abbiamo raccolto l?adesione di importanti testimonial come i calciatori Marcel Desailly e Sunday Oliseh e il pugile italo-zairese Patrizio Kalambay». Tutto inizia nel 1995, quando un gruppo di formatori e di tecnici del Csi e alcuni rappresentanti del Coe si sono recati in Camerun per cercare di dare vita a un movimento sportivo sul territorio. «E così abbiamo iniziato a formare tecnici e dirigenti del calcio», continua Lodolo D?Oria. «Lo sport inteso come esperienza di educazione alla vita era ed è il nostro primo obiettivo. Un momento di reale aggregazione per quei villaggi in mezzo alle foreste del Camerun». Non si tratta solo di esaltare le qualità calcistiche dei ragazzi, quindi, ma di una possibilità di reale sviluppo. Per tutto il Paese. E presto il progetto si estenderà a Zambia e Zimbabwe. «Abbiamo iniziato con un torneo amatoriale a 24 squadre», ricorda Massimo Achini, dirigente del Csi a capo della delegazione del 1995, «collegando i paesi così lontani tra loro grazie alle jeep, l?unico mezzo di trasporto utilizzabile laggiù. Vogliamo che le grandi potenzialità di quei giovani si sviluppino nel Continente africano, senza strapparli dalla loro terra». Calcio, ma non solo Un progetto che, cammin facendo, ha anche trovato il sostegno della Conferenza episcopale italiana e l?apprezzamento del ministero della Gioventù e dello sport del Camerun. Ma non tutto è calcio. Dopo il necessario rodaggio, sono nati anche tornei di pallamano e gare di atletica, che si svolgono solitamente sulle vie dei quartieri più poveri di Yaoundè, la capitale del Camerun. «?Sport for Africa? ha subito coinvolto anche me», conferma Dario Invernizzi, volontario in Africa da quattro anni. «Non è solo un gemellaggio assistenziale, limitandosi a donare palloni, fischetti, scarpette e quant?altro. Ma favorisce lo sviluppo e il sostegno dello sport di base. Come non coinvolgersi immediatamente con un progetto così valido?». E da tre anni Coe e Csi svolgono lezioni pratiche e teoriche, lavori di gruppo, relazioni sugli aspetti educativi dello sport, coinvolgendo soprattutto i giovani, facilmente esclusi dai progetti sportivi tradizionali, che privilegiano l?aspetto socio-economico e culturale. Non solo calcio, si diceva. Infatti lo scorso agosto si sono svolte in Camerun – così come era già successo nel ?97 in Congo – le mini Olimpiadi: due giorni in cui duecento atleti si sono sfidati non solo in incontri di pallone, ma anche di basket, di pallamano e gare podistiche, rese possibili anche dall?intervento della Federazione camerunese di atletica. I partecipanti sono stati tutti ospitati nel seminario di Mbalmayo, due jeep hanno fatto da battistrada ai concorrenti, mentre una pick-up guidata da un medico italiano ha fatto da pronto soccorso. Verso un ente nazionale Ma l?impegno di Csi e Coe non si ferma qui. Tra alcune settimane, infatti, parte la fase due del progetto ?Sport for Africa?, quella che prevede la costituzione di un?Organizzazione nazionale nel Camerun impegnata nella promozione delle discipline sportive che hanno più interessato i giovani in questi tre anni di attività. Un vero e proprio Csi del Camerun, insomma, impegnato nella diffusione dello sport per tutti. ?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA